IL SANTUARIO DEI SANTI VITTORE E CORONA

Il santuario dedicato ai santi Vittore e Corona che si erge sulle pendici del monte Miesna in località Anzù, presso Feltre, è uno dei monumenti medievali più suggestivi e importanti del Veneto. La sua edificazione avvenne in un periodo piuttosto breve per quei tempi, compreso tra il 1096 e il 1101. La prima data corrisponde a quella della morte di Giovanni da Vidor, che era stato uomo d'armi al servizio di Enrico IV di Franconia, dal 1084 imperatore del Sacro Romano Impero. La sua morte diede probabilmente inizio alla costruzione dell'edificio che, con le successive trasformazioni lungo i secoli, è giunto fino a noi e in cui il condottiero venne sepolto. La rapidità della sua realizzazione fu anche garantita dal vescovo di Feltre, Arpone, figlio di Giovanni, che proprio alla morte del padre fu nominato primate della chiesa feltrina. Il vescovo garantì inoltre l'arricchimento decorativo dell'edificio che, come vedremo, qualifica in maniera notevole l'antico edificio.
Il santuario dei santi Vittore e Corona, Anzù (Feltre)
La pianta, orientata come allora di consueto sull'asse est-ovest, è a croce greca iscritta in un rettangolo, a est affiancata da un corpo quadrangolare in funzione di abside che conserva le spoglie dei santi (il martyrium), mentre ad ovest emerge un corpo di fabbrica che richiama il Westwerk, tipico dell'architettura protoromanica di area tedesca. Quest'ultimo era uno spazio, solitamente affiancato da due torri, che precedeva l'aula sacra vera e propria e che in questo caso si colloca su un piano inferiore rispetto al corpo della chiesa a cui si accede da una ripida scalinata.
All'interno lo spazio è segnato da quattro pilastri centrali che scandiscono tre campate a base quadrata nella navata centrale e quattro rettangolari agli angoli. La zona dell'abside-martyrium è percorsa nel suo perimetro da una loggia che si apre da un'altezza di quasi tre metri dal pavimento e che costituiva una sorta di deambulatorio che i fedeli potevano percorrere accedendo dall'esterno della chiesa senza interrompere la funzione liturgica, per poter osservare e pregare sulle sacre reliquie dei due santi martiri. Originariamente lo spazio che conteneva le scale proseguiva verso l'alto nella forma di due campanili, secondo una modalità piuttosto rara nell'architettura romanica italiana. Questi ultimi furono verosimilmente demoliti verso la fine del Quattrocento e ridotti al livello della copertura dell'intero edificio.
Ricostruzione ipotetica
dell'aspetto originario del santuario
La decorazione pittorica ricopre quasi tutta la superficie interna dell'edificio ed è costituita da almeno quattro diversi interventi. Del più antico, risalente con ogni probabilità al periodo immediatamente successivo la costruzione dell'edificio, rimane una figura di San Pietro sulla lesena sinistra del martyrium. Il successivo intervento è ad opera di uno stretto seguace di Giotto o di un suo collaboratore nel cantiere della Cappella degli Scrovegni, e databile al secondo decennio del XIV secolo. Venne realizzato nei due lunettoni della campata sopra l'altar maggiore. Il quello di sinistra viene raffigurato il Giudizio Universale tratto di peso da quello giottesco della cappella degli Scrovegni, ridotto e semplificato nella composizione per adattarlo a una superficie più piccola. Il quello di destra si osserva sul registro superiore la raffigurazione della Madonna della Misericordia e in quello inferiore l'Ultima Cena, composizioni in cui l'artista mostra una certa libertà nella rielaborazione della lezione giottesca. Al quarto decennio dello stesso secolo risale probabilmente una terza campagna pittorica che riguarda le tre pareti della campata mediana della navata settentrionale, che illustra la passione dei santi Vittore e Corona narrata in diciassette episodi. Infine un quarto intervento decorativo avviene in occasione dell'importante visita imperiale da parte di Carlo IV di Boemia nel 1354 che compì la prima ricognizione delle reliquie dei santi sottraendone alcune parti inviate a Praga (e lo stesso farà nel medesimo viaggio con la testa di San Luca sottraendola dalla basilica di Santa Giustina di Padova). Quest'ultimo pittore, denominato "Maestro di Feltre" appare fortemente influenzato da Tomaso da Modena operante a Treviso intorno alla metà del secolo. La raffigurazione dei quattro padri della chiesa infatti ricorda le figure del ciclo dei domenicani illustri dipinti da Tomaso nella sala capitolare del convento domenicano di San Nicolò di Treviso, mentre gli articolati panneggi che muovono le ampie vesti delle figure richiamano quelle dipinte da Tomaso nelle grandi colonne della medesima chiesa trevigiana. Allo stesso anonimo maestro si deve la raffigurazione di San Vittore e San Michele sulla parete esterna meridionale della chiesa che affaccia sul chiostro, in corrispondenza del passaggio che mette in comunicazione i due ambienti.
L'interno del santuario
Oltre alla decorazione pittorica, di particolare interesse è anche quella lapidea che caratterizza diverse parti dell'edificio a cominciare da quella più importante: il martyrium. La loggia che ne percorre il perimetro è scandita da colonne in marmo greco coronate da capitelli decorati a niello con motivi vegetali stilizzati di gusto orientale e in un caso addirittura con la presenza di caratteri cufici. Alcuni di questi pezzi provengono probabilmente dallo spoglio di altri edifici di stile orientale secondo una pratica comune di riutilizzo di elementi decorativi di pregio, in molti casi frutto di saccheggi. Elementi scultorei realizzati appositamente per la chiesa invece sono quelli che decorano l'arca che custodisce le sacre reliquie, a sua volta frutto della spoliazione del monumento del fondatore del santuario, il già menzionato Giovanni da Vidor, la cui sepoltura era un tempo addossata alla parete esterna della chiesa dietro l'abside. Il reimpiego di tali elementi scultorei avvenne in occasione della citata visita imperiale, per sopraelevare l'arca di pietra contenente i sacri resti e che divenne poi visibile anche ai fedeli che assistevano alla messa. I resti che ancora si conservano della sepoltura del committente sono visibili nell'attuale ambiente della sacrestia, compreso entro il corpo semicircolare aggiunto in epoca ottocentesca sull'esterno della parete est della chiesa dall'architetto feltrino Giuseppe Segusini, cui si deve anche la scalinata che da accesso al santuario. Qui si può osservare un singolare elemento decorativo costituito dal capitello a foglie d'acanto mosse dal vento, una fantasiosa interpretazione medievale del capitello corinzio di epoca classica. Due analoghi capitelli si trovano nella loggetta esterna della basilica di San Marco di Venezia collocata all'angolo sud-est della facciata meridionale, quasi dirimpetto alla Porta della Carta. Non è da escludere che si tratti delle stesse maestranze attive nel cantiere della Basilica conclusa alcuni anni prima nel 1094.
I particolari capitelli a foglie d'acanto mossi dal vento
Infine, degno di nota è anche il portale della facciata, anch'esso piuttosto originale, a cominciare dalla mancanza dell'architrave. La lunetta poggia infatti direttamente sulle mensole, i cui piedritti forse erano in origine diversi, ed è inserita in una cornice decorata a dentelli che racchiude un motivo decorativo a croci greche con interposte cellette quadrate. Un motivo analogo si ritrova, anche in questo caso, in alcuni capitelli della Basilica di San Marco di Venezia risalenti alla fine dell'XI secolo.
Siamo quindi di fronte a un "manufatto" architettonico che presenta elementi progettuali e decorativi derivati da diversi contesti storico-artistici che spaziano dal Nord Europa al Medio Oriente, in cui tali diversi elementi si fondono in un esito di grande fascino, costituendo un unicum nel territorio veneto e non solo. Un monumento che è anche simbolo del confronto dialettico tra civiltà, confronto che storicamente ha sempre portato a una grande evoluzione culturale e sociale, ben lontano da chi crede che conservare la propria cultura voglia dire chiudersi in se stessi.


Redazione di venetocultura.org


Bibliografia:

Sergio Claut, Medioevo e culto dei santi: il caso dei Santi Vittore e Corona a Feltre, in, Tra monti sacri, 'sacri monti' e santuari, il caso veneto , atti del convegno di studi, Monselice, 1-2 aprile 2005, pp. 193-210, Padova 2006.

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Amalia Bonaparti, Note su alcuni motivi "orientali" nel Santuario dei SS. Vittore e Corona di Feltre: decorazioni con la tecnica a niello e con caratteri cufici in, "Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore", 67.1996, pp. 236-246.

Pietro e Ornella Rugo, Il portale d'ingresso del santuario dei Santi Vittore e Corona di Feltre in, "Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore", 64.1993, pp. 16-21.

Alberto Alpago Novello, La chiesa dei SS. Vittore e Corona a Feltre, in "Arte Cristiana", 9, 1921, pp. 143 – 152.