LE VILLE NEL PAESAGGIO VENETO

Il paesaggio veneto non è pensabile senza le ville padronali che ne costellano la pianura e la collina. Proprio come non è pensabile la valle della Loira, in Francia, senza le principesche dimore che la caratterizzano. Queste ultime appaiono al visitatore nell'imponenza di un'architettura solenne, che si impone sul contesto ambientale circostante, distaccandosene e, per così dire, dominandolo. Le ville venete, invece, sono del tutto immerse nell'ambiente, ne connotano il tessuto senza interromperne la discreta e gradevole continuità. Non per caso il Palladio, riconosciuto ed imitato maestro dell'architettura di villa, anche al di là dei confini del nostro paese, affianca lateralmente l'edificio principale, in cui si esprime il suo raffinato classicismo, con le "barchesse", edifici ampiamente porticati destinati alle funzioni agricole imitanti la casa colonica tipica della campagna veneta e quindi più bassi della dimora padronale. In questo modo veniva conferita maggiore dignità, anche attraverso la sua nobilitazione architettonica, al duro lavoro della terra.
Andrea Palladio Villa Maser, sezione di Bertotti Scamozzi (1781) in cui si osserva come la sua progettazione si sia adattata al pendio della collina
Andrea Palladio Villa Maser (assonometria e spaccato)
E, spesso, il lungo viale di accesso alla villa taglia la campagna circostante, lasciandone intatte le curate coltivazioni ed affiancando i lati del percorso di imponenti alberature. Non c'è quasi paesino di campagna della nostra regione che non abbia, accanto alla chiesa ed al piccolo nucleo urbano, una villa, spesso di notevole architettura, arricchita di un grande parco, talora costituito da essenze ricercate ed esotiche. Non mancano quasi mai, al di là della cancellata imponente, la fontana più o meno monumentale, il laghetto con piante acquatiche e la cappella gentilizia. Questo luogo di delizie ha costituito, dal Cinquecento all'Ottocento, la gradevole cornice di conversari non sempre frivoli o meramente convenzionali: nobili e nobildonne non raramente hanno trasformato le loro piccola corte in cenacoli letterari, artistici, e/o filosofici, chiamando intorno a sè personaggi illustri della cultura del tempo e amanti del sapere e dell'arte. Pietro Bembo ne è stato un esempio per tutti. A fronte di questa realtà elitaria, sorse, tra la fine dell'Ottocento ed i primi del Novecento, un moto di contestazione sociale e politica, in nome dei contadini poveri ed emarginati che, con il loro lavoro, duro e mal retribuito, tenevano in vita la realtà stessa. Ma anche questo fenomeno, che nel Veneto ha avuto delle significative manifestazioni, basti pensare alle ben note "Leghe bianche" del sindacalista e deputato cattolico trevigiano Giuseppe Corazzin, era, in fondo, un'espressione di questa strutturale simbiosi tra mondo delle ville e mondo delle campagne, che ne segnerà la convivenza e, ad un tempo, l'inevitabile dialettica. Questo contesto prevalentemente agricolo, con residui di antica nobiltà medievale, nel secondo dopoguerra è stato impetuosamente modernizzato dall'esplosione degli insediamenti industriali, che fecero del Veneto una delle regioni di punta del cosiddetto "miracolo economico" italiano.
Andrea Palladio Villa Emo
Il ritardo dell'industrializzazione del Veneto, rispetto alle regioni del "triangolo industriale" del nord, da un lato è stato causato dall'eredità storico-sociologica di quel contesto agricolo; dall'altro, questo stesso contesto ha fatto sì che le attività industriali ed artigianali, che andavano rapidamente insediandosi nel territorio, non provocassero, salvo che a Mestre-Marghera, addensamenti insediativi disumanizzanti ed inquinanti, a somiglianza delle città industriali più antiche, sia italiane che europee. Le industrie venete si sono invece distribuite nelle campagne rispettandone quasi sempre l'integrità ambientale, comprese le ville che la ingentilivano, rendendo, tra l'altro, più vicino il luogo di lavoro alle abitazioni degli operai, anche di quelli residenti nei più piccoli comuni di provincia, che non perdevano così la loro identità. Nel 1958 sorgeva una benemerita istituzione, soprattutto ad opera del trevigiano d'adozione Giuseppe Mazzotti, l'Ente per le Ville Venete, che si proponeva di salvaguardare e valorizzare quel patrimonio che la Venezia marinara, ma radicata nell'entroterra, ha saputo costruire nei secoli, in quella campagna-giardino che è la verde e fertile pianura, irrigata e abbellita dai tanti fiumi che la attraversano: dal Po al Tagliamento e dalle Dolomiti all'Adriatico.


Armando Ervas