LA MODA AI TEMPI DELLA SERENISSIMA.
NOTE SUGLI HABITI ANTICHI ET MODERNI DI CESARE VECELLIO

Cesare Vecellio (1521circa - 1601) è stato non solo un pittore ma anche un artista coinvolto nel settore dell'incisione. Cugino di secondo grado del più celebre Tiziano, è famoso negli studi storico-artistici per aver realizzato l'enciclopedico volume Habiti antichi et moderni: gli Habiti del Vecellio sono un ampio trattato illustrato sul costume, che nella prima edizione (stampata a Venezia da Damiano Zenaro nel 1590) comprende oltre 400 incisioni xilografiche di abiti di Europa, Asia e Africa, a partire da quelli dei romani antichi, mentre la seconda (stampata a Venezia dall'editore Sessa nel 1598) risulta accresciuta di 75 incisioni, tra cui 20 dedicate ai costumi degli abitanti delle Americhe, diventando così Habiti antichi et moderni di tutto il mondo.
Frontespizio della prima edizione del 1590
Tra le due edizioni cinquecentesche, quella che appare più interessante e utile agli studiosi del costume è sicuramente la prima: infatti in questa il commento che accompagna le immagini dei singoli abiti è più ampio e dettagliato, e presenta non solo precise e puntuali descrizioni dell'abito, in cui vengono spiegate con termini specifici le diverse tipologie e i tessuti, ma anche numerosi excursus sui più vari argomenti: queste digressioni riguardano la storia, la geografia e la società dei luoghi e delle città in cui l'abito viene portato; in più sono segnalate le usanze, i comportamenti e gli stili di vita delle categorie di persone e delle popolazioni prese in esame, anticipando quasi gli studi etnografici. La prima edizione inoltre è arricchita da un'ampia introduzione all'opera, il Discorso sopra gli habiti antichi e moderni, origine, mutatione e varietà di quelli, una storia generale del costume, in cui vengono focalizzate la sua evoluzione e diversificazione. Nell'edizione del 1598, con testo in italiano e in latino, il discorso introduttivo viene eliminato e, anche se vengono aggiunte nuove incisioni, i ricchi commenti vengono ridotti e si riferiscono essenzialmente all'abito.
Gli Habiti appartengono al genere dei repertori di moda e delle raccolte di costumi, che ottennero un incremento a partire dalla metà del Cinquecento. Scopo di questi testi era quello di presentare e illustrare i costumi del mondo, in un secolo in cui si diffuse lo spirito di conoscenza e curiosità avviato grazie alle nuove scoperte geografiche, e che trovò riscontro proprio con la pubblicazione di questi testi. Le immagini stampate svolgevano un ruolo importante per veicolare la conoscenza dei costumi dei paesi lontani. I molti testi, pubblicati a Venezia e in altre città (soprattutto Parigi e Anversa), come quello di Enea Vico, Francois Desprez, Jan Jacques Boissard, Jost Amman o Ferdinando Bertelli, presentavano le illustrazioni dei costumi indossate dalle diverse popolazioni e per il pubblico di allora rappresentavano una sorta di "gabinetto di curiosità" a portata di mano, soprattutto per quanto riguardava i personaggi esotici. Se nelle precedenti raccolte l'immagine prevaleva sulla scrittura (erano presenti al massimo brevi didascalie o quartine), la novità principale degli Habiti è quella di offrire al pubblico un opera che associa l'immagine dell'abito a un discorso scritto allargato alle dinamiche della storia. Come viene specificato nel sottotitolo, i discorsi da lui dichiarati delineano e forniscono la storia degli abiti, sotto più sfaccettature. Ecco che al centro di quest'opera ci sono la rappresentazione e la descrizione di ciascun abito, in un connubio di parola e immagine, incisione e moda. Il risultato è quello di aver tracciato una storia del costume, un'indagine completa e articolata, a 360 gradi, sulla realtà dell'abbigliamento, perché l'autore non si limita a descrivere gli abiti raffigurati nell'incisione, ma si sofferma sull'origine di un particolare vestito, sulla sua evoluzione e cambiamento, insomma le tappe più significative della sua storia. Cesare è consapevole del valore del passato, perché aiuta a capire meglio il presente. Nel presentare i vari tipi umani traccia piccole storie di uomini, paesi e costumi, all'interno della più grande e universale storia dell'umanità, con i suoi fatti, accadimenti e «operazioni humane» che corrono, come lui stesso scrive, «a guisa di fiume». Cesare lega il discorso degli abiti al discorso della storia: dal testo si può vedere come la «cosa degli habiti» sia parte costituente della storia dell'uomo e caratteristica di un popolo.
Immagine della giovane maritata dell'edizione del 1590
Come si legge nella dedica al conte e cavaliere di Conegliano Pietro Montalban Della Fratta, l'opera presenta «habiti di diverse nationi, così antichi come moderni, da me con tanta fatica raccolti, e dichiarati»; ed elenca le tre «condizioni» che possono rendere «lodevole e desiderabile quest'opera»: sono l'«antichità», la «diversità» e la «ricchezza». L'apparato iconografico degli Habiti è costituito da una cospicua serie di xilografie, la maggior parte intagliate dall'incisore Cristoforo Guerra da Norimberga su disegno dello stesso Vecellio. Le illustrazioni, ognuna delle quali occupa l'intera pagina, sono costituite dalla figura che indossa l'abito e da un nome che la identifica, il tutto racchiuso in una cornice di gusto manieristico, "alla Sansovino". I personaggi sono uomini e donne di diversa età, giovani, adulti e anziani, di diverse categoria, estrazione sociale e stato civile; indossano abiti del passato e del presente, abiti per diverse occasioni e stagioni. Le figure formano una grande galleria umana, colte in vari atteggiamenti e posizioni, favorendo così l'indagine non solo dell'abito ma dell'intera persona e del suo comportamento, del suo status. Nei nobiluomini e nelle nobildonne possiamo cogliere una certa nota di «sprezzatura», che secondo il Castiglione si addice al cortigiano, o di «leggiadria».
Immagine del Cestarolo dell'edizione del 1598
Le figure non sono fisse, statiche, immobili, impacciate; al contrario presentano una straordinario vivacità e varietà di gesti e posture, si muovono, prendendo quasi vita, assumendo diverse posizioni delle mani, del volto, del busto; alcune sono colte in movimenti e passi. Altri vengono raffigurati mentre compiono un'azione. La maggior parte dei personaggi è raffigurata in piedi a figura intera. La posizione preferita è a tre quarti; ci sono poi quelle frontali, di profilo e anche di spalle, questo per favorire una migliore osservazione dell'abito. Alcune xilografie presentano due o anche tre personaggi. I personaggi portano spesso accessori o altri elementi oltre al vestito, ma complementari al loro ruolo e necessari per qualificarli, perché costituiscono un prolungamento del loro corpo, in particolare per identificare un mestiere, un'attività; spesso portano accessori di moda (come guanti, ventagli, fazzoletti). Le incisioni traducono per immagini quello che viene evocato a parole nel commento a fronte.
A spiegare le incisioni interviene il testo. L'autore è coinvolto in prima persona nella narrazione, riportando spesso la sua testimonianza (naturalmente per gli abiti a lui contemporanei, che può osservare in una città cosmopolita come Venezia). Cesare contestualizza ogni abito, inserendolo in un tempo e in uno spazio, descrivendo città e luoghi, tracciando – prima di passare alla descrizione dell'abito – una breve introduzione geografica e storica, così come è attento alle diverse popolazioni e alle loro usanze, perché "costume" significa appunto sia modo di vestire sia modo di essere e comportarsi. Non solo abiti, dunque: come si diceva il discorso è arricchito con inedite aperture e digressioni: personali giudizi, richiami al passato e all'attualità, considerazioni su vari argomenti, aneddoti, curiosità, exemplum, excursus eruditi a livello storico, artistico, geografico, letterario, mitologico, sociale, finanche familiare e personale. Naturalmente la parte più sostanziosa del testo riguarda la descrizione dell'abito, molto dettagliata e approfondita, di cui l'autore sottolinea le stoffe e i tessuti, i colori, gli accessori, i gioielli, gli anelli, le collane, i copricapi, i motivi decorativi, le acconciature, facendo uso di una terminologia specifica per i vari capi d'abbigliamento (come zimarra, gabbano, casacchino, braconi, balzo, saione, braghesse, giubbone, ferraiuolo, dogalina, giornea). Gli Habiti si rivelano così un punto di riferimento importante e valido per la conoscenza dei termini che si incontrano nelle fonti e nei documenti scritti cinquecenteschi.
Gli Habiti del Vecellio sono profondamente radicati nel tessuto culturale e ideologico della Venezia cinquecentesca, accogliendo e recependo anche i contemporanei stimoli figurativi: l'interesse per il costume, la celebrazione della città e della sua immagine urbana e politica, il rituale civico, la storia, le lettere, la passione per l'antico. Gli Habiti diventano una grande "collezione" di costumi, usanze, modi di vita: infatti dietro quest'opera si cela un paziente e scrupoloso lavoro di ricerca storica, artistica e letteraria, di raccolta, uno studio quasi filologico, che presuppone la conoscenza di una grande quantità di informazioni e notizie e uno studio ravvicinato di opere d'arte, testi e immagini, desunti da una grande quantità di fonti e dalla loro osservazione diretta. In particolare due aspetti caratterizzano gli abiti: la parte iniziale, antiquaria e archeologica, con la trattazione degli abiti degli antichi Romani e soprattutto i molti riferimenti alle fonti utilizzate per costruire e documentare il suo lavoro: quelle per i disegni delle incisioni, molte delle quali tratte dalle opere d'arte che poteva vedere a Venezia e in altre città venete, e quelle per i commentari, ricavate da molteplici fonti scritte e letterarie («ci danno vera informatione le scritture, e historie, e le pitture e sculture fatte in finissimi marmi, e altre dure pietre, e scolpite in sonanti bronzi»). In più egli aveva instaurato rapporti con pittori e incisori di altre città italiane, che gli fornivano materiale iconografico, come lui stesso ci dà testimonianza: «Molte et diverse sorti di habiti ricordomi haver trovato in diverse città d'Italia, aiutato da molti amici che desideravano compiacermi». Cesare Vecellio appartiene a quel gruppo di cosiddetti peintre-graveurs, pittori che erano anche incisori, come Battista Franco, Andrea Schiavone e Odoardo Fialetti, e agli editori-calcografi, come Pietro Bertelli e Giacomo Franco, attivi a Venezia a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Occorre inserire Cesare in una rete di relazioni e scambi con altri pittori, incisori e stampatori, che oltrepassava anche i confini della Serenissima. I rapporti con queste figure di editori-calcografi e pittori-incisori ci portano ai libri illustrati e ai manuali accademici. I testi di Cesare Vecellio sono in linea con quelli successivi, condotti secondo un'idea catalogatrice del mondo, che nell'ambito della formazione dell'artista introduce a Venezia un nuovo tipo di istruzione, la copiatura dal libro, che sarà la base della formazione accademica, svincolata dall'apprendimento artigianale in bottega. L'opera di Cesare ha certamente dato un contributo rilevante nel Seicento: prova ne è che l'edizione seicentesca dei suoi Habiti (Habiti antichi overo raccolta di figure delineate dal gran Titiano e da Cesare Vecellio suo fratello, diligentemente intagliate, conforme alle Nationi del Mondo, pubblicata a Venezia nel 1664, dove Cesare diventa fratello di Tiziano e a Tiziano si assegna una collaborazione nella realizzazione dei disegni per le incisioni, questo molto probabilmente per motivi commerciali e di vendita) presenta questo sottotitolo, Libro utilissimo a pittori, disegnatori, scultori, architetti et ad ogni curioso, e peregrino ingegno, in un momento in cui, a fine Cinquecento e poi per tutto il Seicento, con il parallelo sorgere delle accademie, assume particolare importanza per la formazione del pittore l'utilizzo di testi illustrati.
La raccolta di Cesare Vecellio rimane un documento imprescindibile per conoscere soprattutto la moda veneziana fino al 1590: la parte dedicata a Venezia, di cui vengono esaminate a fondo tutte le classi sociali (da quelle più alte, come il doge, fino alle più basse, come la meretrice, il barcaiolo, il pizzicamorto), è infatti la più lunga e occupa circa un quarto dell'intero volume.
Immagine della meretrice pubblica dell'edizione del 1598
Da questa emerge una celebrazione della città lagunare, definita «miracolo del mondo», «specchio di bellezza», «modello di buoni costumi», con i suoi valori, ideali e modelli, di cui gli abiti spesso sono un riflesso, oltre che precisi e rigidi segnali di uno status; sono presenti anche tre vedute di Piazza S. Marco e la corte interna di Palazzo Ducale. Per quanto riguarda le città del Veneto, dopo il protagonismo di Venezia, si incontrano gli abiti delle donne di Verona, Vicenza, Padova e Belluno (l'unica figura maschile è il Cittadino della Marca di Treviso e della città di Belluno), fino ad arrivare alla contadina di Belluno e alla Nobildonna di Conegliano.
Immagine della gentildonna di Conegliano dell'edizione del 1590
Tra le righe si coglie il rigore, lo scrupolo e l'erudizione con cui l'autore, che si definisce «diligentissimo investigatore» e «fedelissimo testimonio», ha condotto questa ricerca ambiziosa e dallo sguardo universale, in cui gli abiti sono catalogati in un'ordinata architettura. Cesare Vecellio, osservatore attento, acuto e critico, ha registrato la varietà e complessità delle fogge, il loro continuo mutare lungo i secoli, l'originalità di quelle contemporanee, e ne ha voluto dare conto in quest'opera, vera e propria miniera di notizie e informazioni, che si rivela preziosa e fondamentale nello studio della storia del costume.
Finalmente questa importante opera è agevolmente accessibile e interamente disponibile e consultabile da parte del pubblico italiano, grazie al ponderoso e pregevole volume Cesare Vecellio, Habiti antichi et moderni. La moda nel Rinascimento: Europa, Asia, Africa, Americhe, curato dalle studiose americane Margaret Rosenthal e Ann Rosalind Jones e pubblicato dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato nel 2010, che presenta la riproduzione anastatica completa della prima edizione. Finora chi avesse voluto leggere il testo del Vecellio del 1590 sarebbe dovuto andare direttamente all'edizione cinquecentesca dello Zenaro (infatti precedenti edizioni degli Habiti, come quella anastatica del 1982 curata da Gillo Dorfles e Annamaria Leopardi, erano parziali); mentre l'edizione del 1598 si poteva leggere nella ristampa fatta nel 1859-1860 dall'editore francese Firmin Didot, che la tradusse in francese (mantenendo il testo italiano), in cui però i disegni delle incisioni furono ricopiati.


Giorgio Reolon


Bibliografia essenziale
- JEANNINE GUÉRIN DALLE MESE, L'occhio di Cesare Vecellio. Abiti e costumi esotici nel Cinquecento, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1998.
- DORETTA DAVANZO POLI, Abiti antichi e moderni dei veneziani, Vicenza, Neri Pozza, 2001.
- Cesare Vecellio, 1521ca-1601, a cura di TIZIANA CONTE, Belluno, Provincia di Belluno Editore, 2001.
- Il vestito e la sua immagine, atti del convegno (Belluno, 20-22 settembre 2001), a cura di JEANNINE GUÉRIN DALLE MESE, Belluno, Provincia di Belluno Editore, 2002.
- EUGENIA PAULICELLI, Geografia del vestire tra vecchio e nuovo mondo nel libro di costumi di Cesare Vecellio, in Moda e moderno, a cura di EAD., Roma, Meltemi, 2006, pp. 129-153.
- GIORGIO REOLON, "A Cesare quel che è di Cesare". Studio su alcuni aspetti dell'opera e dell'ambiente di Cesare Vecellio, tra pittura, incisione e moda, tesi di laurea specialistica in Storia delle Arti, rel. Doretta Davanzo Poli, correl. Giorgio Tagliaferro, Università Ca' Foscari di Venezia, a.a. 2008/09.
- CESARE VECELLIO, Habiti antichi et moderni. La moda nel Rinascimento: Europa, Asia, Africa, Americhe, a cura di MARGARET ROSENTHAL e ANN ROSALIND JONES, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2010.
- GIORGIO REOLON, "Miracolo del mondo". Immagine e celebrazione di Venezia negli Habiti di Cesare Vecellio, «Dolomiti», XXXV (2012), 4, pp. 27-32.