LA GONDOLA: UN SIMBOLO DI VENEZIA TRA STORIA E MITO

La gondola è una delle più celebri imbarcazioni del mondo, eppure si conosce pochissimo della sua origine, a cominciare dal nome. Risalendo indietro nella storia sappiamo che già ai tempi dei Goti di Teodorico, il suo segretario Cassiodoro ci testimonia nel 538 come i veneziani tenessero legate presso le loro case, come fossero animali domestici, le barche che usavano per spostarsi. Il nome di tale imbarcazione compare per la prima volta in un documento del 1094 in cui in una pergamena si legge il termine "gundula". Questo nome però lo ritroviamo utilizzato nei secoli successivi non soltanto per la sottile e agile imbarcazione che conosciamo, ma anche in riferimento a barche diverse. La sua prima raffigurazione a noi nota, invece, risale al 1486 nella pubblicazione della Peregrinatio in Terram Sanctam del canonico tedesco Bernhard von Breydenbach in cui è descritto il bacino di San Marco con le sue caratteristiche imbarcazioni.
Raffigurazione del bacino di San Marco in una delle incisioni di Erhard Reuwich che corredano il volume Peregrinatio in Terram Sanctam di Bernhard von Breydenbach (particolare)
Arriviamo poi alle cronache veneziane dei Diarii di Marin Sanudo in cui nel 1493 egli parla ripetutamente delle barche che percorrono i canali di Venezia, anche se usa una sola volta il termine gondola, ricordando che ce ne sono ben quindicimila e precisando che ogni famiglia ne possedeva più d'una. Come ci testimonia lo stesso Sanudo esse venivano portate da "negri saraceni o altri famigli che sanno vogare" come vediamo raffigurato anche in una tela di Carpaccio databile al 1494.
Vittore Carpaccio, Miracolo al ponte di Rialto (Gallerie dell'Accademia, Venezia)
Da questa raffigurazione appare visibile come in alcune parti il loro aspetto non corrisponde alle gondole come oggi le conosciamo. Le differenze più vistose sono sostanzialmente due: una cosa che non c'è più, la copertura per il passeggero, e una che non c'era ancora, il cosiddetto ferro di prua. La prima era chiamata felze un termine forse derivato dalla felce i cui rami venivano utilizzati per le coperture più antiche. Si trattava di un semplice tappeto sorretto da sostegni arcuati che poggiavano sui fianchi dell'imbarcazione. La protezione dagli agenti atmosferici era relativa, ma quasi più importante era la protezione dalla curiosità delle altre persone garantendo il riparo dagli sguardi indiscreti. Nel corso dell'Ottocento, a partire dalla caduta della secolare Repubblica veneziana, la gondola verrà usata sempre meno dai veneziani e sempre di più dai turisti. A questi ultimi, poco interessati alla privacy il felze è solo un impedimento alla visione degli straordinari palazzi osservabili lungo i corsi d'acqua.
Il ferro da gondola di prua
Il ferro da prua, che serve a proteggere le punte di prua e di poppa dell'imbarcazione da urti con le rive, tende a trasformarsi nella forma a noi nota durante il XVI secolo, e assume, secondo la tradizione, una simbologia particolarmente suggestiva. Esso rappresenterebbe nei sei denti rivolti in avanti i sei sestieri della città e in quello rivolto all'indietro la Giudecca e il cappello del Doge. L'archetto sopra il dente più alto alluderebbe al Ponte di Rialto mentre la forma a "s" che connota nel suo complesso il si riferirebbe al Canal Grande.
Tra queste trasformazioni una cosa però era rimasta sostanzialmente immutata; il colore scuro. Su questo la tradizione aveva ricamato diverse spiegazioni suggestive, come quella per la quale si era deciso il colore nero per le gondole in segno di lutto per una delle tante epidemie di peste che colpivano al città. La realtà era una ragione molto più semplice e pratica; il nero era il colore della pece usata per rendere impermeabile lo scafo.
Da ultimo, non solo la gondola ma anche i gondolieri sono cambiati nel corso dei secoli. Quando tale imbarcazione serviva al trasporto dei nobili veneziani spesso i gondolieri erano due, uno a poppa e uno a prua. Ed era quest'ultimo il più importante dei due perché addetto a far salire e scendere gli illustri passeggeri sulla prua. Il secondo era un semplice "timoniere", ma che governava realmente l'imbarcazione.
Il bacino di San Marco con sullo sfondo l'isola di San Giorgio in un dipinto di Francesco Guardi (Wallace Collection, Londra) in cui si osservano le gondole coperte governate da due gondolieri.
Con la trasformazione di quest'ultima in mezzo di trasporto per i turisti la funzione del gondoliere di prua scomparve, salvo rari casi di ospiti illustri, mentre quello di poppa dovette "imparare a parlare", intrattenendo i visitatori con storie della sua città e finanche con canzoni romantiche.
Buffalo Bill in visita a Venezia nel 1906.
La gondola rischia oggi di essere percepita come il cliché di una delle città più belle del mondo, trasformata in souvenir simbolo del kitsch, facendo dimenticare l'originalità e l'intrinseco legame con la città che l'ha creata. Agile per percorrere i trafficati e a volte angusti canali veneziani, elegante nella sua forma allungata e nei suoi decori che la fanno sembrare più leggera, come gli edifici gotici che si affacciano sui canali, allungati e smaterializzati nella loro fitta decorazione esaltata dal riverbero dell'acqua.
Un'imbarcazione che dissimula la sua complessità tecnica, non si nota ad esempio l'asimmetria dello scafo, e che pare quasi guidarsi da sola sotto i movimenti fluidi del gondoliere, frutto invece di grande sapienza remiera, come quando osservando Venezia abbiamo quasi la sensazione che essa galleggi sull'acqua, resa leggera dalla sua straordinaria bellezza, dimenticandoci delle migliaia di pali conficcati nel fango, delle tecniche di costruzione uniche al mondo che sfruttavano il peso della gravità per fissare le fondamenta dei palazzi, oppure le complesse travature lignee dei pavimenti e dei soffitti. Una realtà in cui complessità e naturalezza, artificio e semplicità convivono ancora, nonostante tutto, in un inspiegabile equilibrio.


Redazione di venetocultura.org


Bibliografia:

Il testo di riferimento utilizzato per questo articolo è:
Alessandro Marzo Magno, La carrozza di Venezia. Storia della gondola, Venezia 2008