Jacopo Tintoretto (Jacopo Robusti, Venezia 1519-1594)



Dipinti per il coro

Adorazione del vitello d'oro
Olio su tela, 1450x590 cm

Giudizio Universale
Olio su tela, 1450x590 cm

Quattro virtù (Temperanza, Giustizia, Prudenza, Fortezza)
Olio su tela, 450x240 cm ogniuna

Chiesa della Madonna dell'Orto, Venezia

Il complesso decorativo dovrebbe risalire su base stilistica al 1562-1563 circa. Nelle prime due tele di enormi dimensioni che ricomprono la parete sinistra e destra del coro Tintoretto da dimostrazione della sua particolare sendibilità scenografica creando composizioni di grade dinamicità e forza espressiva. Nell'Adorazione del vitello d'oro l'artista si attiene strettamente al testo biblico raffigurando nella parte alta la consegna delle tavole della legge a Mosè che gli vengono consegnate da Dio Padre sorretto da una turba vorticosa di angeli in volo. Nella parte inferiore, secondo quanto precisato da una parte della critica, vi è raffigurato il momento che precede l'adorazione del vitello, che appare ancora in creta e vicino al quale sono raccolti i gioielli d'oro per la sua fusione. Nella parte inferiore il vigore plastico che caratterizza le figure accentuato dalle posture un po' forzate evidenzia un rinnovato interesse dell'artista per l'opera pittorica di Michelangelo, da lui probabilmente meditata sulle diverse traduzioni a stampa dei suoi testi pittorici. Nel Giudizio Universale l'artista sembra trarre in parte ispirazione dal celebre Giudizio michelangiolesco della Cappella Sistina per la parte bassa della composizione, e alla Gloria realizzata da Tiziano nel 1554 e conservata al Museo del Prado di Madrid. L'effetto complessivo è di un movimento trasinante che investe le figure, verso il basso quelle dei dannati, verso l'alto quelle degli eletti. Tra le schiere di questi ultimi, sul margine destro della tela una coppia di personaggi ritratti risulta essere frutto di un'aggiunta ottocentesca. C'è chi ha ipotizzato che si tratti di una ridipintura in luogo dei ritratti originali asportati, ritenendo trattarsi per la figura maschile dell'effige di Gasparo Contarini (1483-1542) il cui corpo venne nella tomba di famiglia presente nella chiesa nel 1563. Su questi elementi indiziari si ritiene altresì che la famiglia Contarini, con cui l'artista fu in contatto, sia respondabile della committenza del ciclo decorativo. Le quattro virtù si collocano infine negli spicchi dell'abside. Tra Cinque e Seicento tali opere sono ripetutamente menzionate senza però fare cenno alla quinta virtù raffurante la Fede che compare accanto alle altre. L'ipotesi più verosimile è che si tratti di una tela seicentesca realizzata in sostituzione dell'originale tela tintorettesca che dovette ben presto degradarsi ed essere così sostituita.