Donatello (Donato di Niccolò di Betto Bardi, Firenze 1386 – 1466)



Crocifisso (metà del XV secolo circa)
Legno
Chiesa di Santa Maria dei Servi, Padova

Questa scultura lignea, dipinta di scuro per simulare il bronzo probabilmente in epoca ottocentesca, costituisce una delle più sensazionali scoperte della recente storiografia artistica. Tale crocifisso, della cui paternità si erano perse per secoli le tracce è stato riscoperto come opera di Donatello nel 2007 da due studiosi italiani. La clamorosa attribuzione ha avuto origine da una nota manoscritta in una delle rare prime edizioni delle Vite di Giorgio Vasari del 1550 conservata all'università americana di Yale. Accanto al passo in cui si parla genericamente delle opere eseguite dallo scultore fiorentino a Padova oltre a quelle per la chiesa del Santo, compare infatti una postilla vergata da un anonimo contemporaneo con la scritta: "Ha ancor fato il Crucifixo quale hora è in chiesa di Servi di Padoa". Un'attenta verifica di altre fonti e un confronto stilistico con il crocifisso bronzeo del Santo, con cui mostra strettissime affinità, hanno poi confermato la correttezza di tale anonima annotazione. Ma com'è stato possibile che un'opera di quasi due metri di altezza esposta in una delle chiese più importanti e frequentate della città non sia mai stata riconosciuta all'insigne scultore che per anni aveva operato nel capoluogo patavino? La probabile spiegazione riguarda un avvenimento miracoloso di cui fu protagonista la scultura in questione. Nel febbraio del 1512 il crocifisso, allora posto sull'altar maggiore, cominciò a trasudare sangue per quindici giorni di seguito e durante la successiva Settimana Santa. L'eco di tale vicenda fu tale che il crocifisso di Donatello divenne il crocifisso miracoloso, oscurando così il nome del suo artefice. Nei secoli tale opera, non più nella collocazione originaria, è stata modificata nel perizoma e nella corona di spine ed esposta con l'aggiunta delle due statue e della nube luminosa con i cherubini di epoca barocca. Originariamente, come attestato da un restauro ancora in corso, l'opera era policroma, a connotare in modo ancora maggiore il suo naturalismo, testimoniato altresì da taluni dettagli quale la corona di spine realizzata con una corda intrecciata e fissata con del gesso e il perizoma in tessuto sostituito nel corso dei secoli.



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